6. Il Ginnasio Comunale di Padova e l’italiano Regio e poi austriaco Imperial Regio Liceo del Dipartimento del Brenta (1813-1814)

A iniziare il terzo anno di vita della scuola in modo anche migliore, provvide lo stesso Scopoli, rivolgendo, dietro pressione di Barbieri e di Barnaba, il 10 aprile 1813 la nuova richiesta formale a Vaccari che Eugenio cedesse al Comune di Padova la proprietà stessa de “gli orti e i broli” di S. Giustina, già cedutigli in uso gratuito a beneficio del Collegio. Scopoli infatti doveva trovarsi presente a Padova allora, anche per assistere agli esami pubblici periodici svoltisi in Ginnasio tra il 12 e il 17 aprile 1813. In tal caso Scopoli fu la seconda autorità politica a visitare tale scuola. Poche settimane dopo, il 1° maggio 1813, il “Giornale del Brenta” ritornò sulla scuola con un articolo datato 30 aprile 1813, che riferiva sulla cerimonia pubblica, svoltasi a Santa Giustina il 29 aprile 1813, in cui, alla presenza del Podestà, da Rio, Barbieri tenne la Prolusione degli studi (del secondo semestre) in latino sulle “due lingue, Italiana e Latina” [14], con il commento del giornalista: “vediamo ogni giorno crescere cotesto insigne stabilimento”. 

Nel frattempo, nei primi giorni di maggio si erano svolti nel Liceo i nuovi esami trimestrali previsti e il 6 maggio 1813 Dianin ne fece rapporto a Porro, che il 12 maggio 1813 lo trasmise a Scopoli. 

Ma era soprattutto dal Ginnasio Comunale che provenivano le novità. L’8 maggio 1813 infatti, secondo Fiandrini, ci fu una riunione al vertice del Collegio, con la presenza di Barnaba, del nuovo Vice-Rettore, l’ex-Somasco di Verona Antonio Macconcini, di Barbieri, del Maestro di Grammatica Superiore Antonio Bonadei e dello stesso Fiandrini. In essa fu resa nota la dimissione di Angelo Sommariva dalla sua carica di Economo a causa della non rosea situazione finanziaria del Collegio e fu deciso che Macconcini divenisse pure il nuovo Economo, Bonadei il Cassiere e Fiandrini il Computista. In tal modo si accrebbe l’influenza di Macconcini, che dimostrò subito di quanta “economia” fosse capace, facendo costruire entro il 19 maggio 1813 un nuovo ordine inferiore di 12 ampi “Palchi” per ospitarvi le famiglie degli allievi nel nuovo Teatrino del Collegio. In ogni caso, Fiandrini annotò sotto la data del 19 maggio 1813 che fin dal 12 maggio 1813 era pervenuto a Padova il Decreto Vicereale con cui Eugenio cedeva in proprietà al Comune i citati “Broli di S. Giustina, a benefizio di questo Collegio”.

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Figura 24. Santa Giustina nell’ultimo Catasto Napoleonico (1813).

E infatti nell’ultimo Catasto Napoleonico del Dipartimento del Brenta e in particolare della Città di Padova, convalidato dalle autorità austriache il 19 ottobre 1815, la sua Sezione n. 20, “Santa Giustina”, (fig. 24) definiva al numero 1 (con la scritta “Santa Giustina”) la “Chiesa Parrocchiale sotto il titolo di S. Giustina”; al numero 2 (per gli spazi solo in rosa) l’insieme di tutti gli edifici dell’ex-Monastero definiti “Liceo” e aventi per proprietario il “Demanio e per esso il Ministero dell’Interno” ossia la Pubblica Istruzione e per usufruttuario il Comune, a beneficio del Collegio; a tutti gli altri numeri (3-18) (per gli spazi in verde e in bianco) l’insieme dei terreni dell’ex-Monastero come aventi tutti per proprietario il Comune di Padova, sempre a beneficio del Collegio. E nella giornata del 14 maggio 1813 Fiandrini annotò pure che: 

“Nelle Scuole del Ginnasio di questo Collegio si è letta questa mattina la lettera prefettizia [diretta a Porro] nella quale dal Sr. Scopoli, Presidente della pubblica istruzione in Milano, si fa un elogio a questi nostri Maestri di lingua latina, e si animano i Giovani a studiarla, prottestandosi soddisfattissimo degli ultimi esami di Pasqua prossima passata per la prontezza in rispondere, ed a sciogliere qualunque difficoltà in detta lingua.”

Evidentemente Scopoli c’era stato davvero a Santa Giustina. Eugenio era comunque ritornato finalmente a Milano il 18 maggio 1813 e perciò Porro rilanciò il problema del Liceo, scrivendo a Scopoli il 9 giugno 1813 una lettera, in cui perorò, invano, la nomina dei docenti “provvisori” a docenti titolari del Liceo. Ben più dinamico si rivelò Barnaba. Partì infatti lui stesso per Milano il 17 giugno 1813 per cercare di ottenere il pagamento delle spese sostenute nella costruzione del Collegio. Nel frattempo a Santa Giustina giunse il 19 giugno 1813 l’Ispettore Generale della Pubblica Istruzione Luigi Lamberti, che “si è portato alla visita delle scuole di questo Collegio, esaminando ed interrogando varj scuolari.” E ben presto pervenne da Milano il 26 giugno 1813 la notizia che Vaccari aveva promesso a Barnaba di ottenere da Eugenio un decreto con cui ripagare le spese fatte sino ad allora. Barnaba fece così ritorno a Padova la sera del 4 luglio 1813, giusto in tempo per rendere omaggio allo stesso Eugenio. Infatti il Viceré aveva passato la giornata ad Abano accanto ad Augusta Amalia, lì per le cure termali, e all’alba del 5 luglio 1813 si era recato in Prato della Valle per passare in rivista i tre reggimenti di guarnigione a Padova. Subito dopo, Barnaba fu ricevuto da Eugenio, con grande amabilità e con elogi per il Collegio, nell’albergo “Croce d’Oro” (ora sede di una Banca in Piazza Cavour) in cui egli si trovava. Nel medesimo giorno Porro fece invece affiggere a Padova un nuovo “avviso” in cui, in previsione degli imminenti esami finali del Ginnasio per il conferimento della Patente per la partecipazione all’esame d’ammissione al Liceo, si ricordava, dato lo scarso numero di allievi di quest’ultimo, che gli scolari delle scuole private non avrebbero mai potuto entrare in Liceo se non avessero sostenuto, da “privatisti”, tali esami finali da svolgersi nel Ginnasio Comunale di Padova. Nel frattempo, lo stesso Scopoli ritornò a Padova, visitando ancora una volta Santa Giustina il 14 luglio 1813, “e nelle Camere del P. Rett. [di Barnaba] ha fatti chiamare gl’alunni, ed a Classe per Classe gli ha esaminati nelli rispettivi loro studj; indi ha fatto una perlustrazione al Locale.” 

Sempre a Fiandrini dobbiamo la notizia che il 23 luglio 1813 si svolse, nella Sala delle Accademie, alla presenza di Porro, di da Rio, di Gallini e dei Presidi delle tre Facoltà dell’Università, nonché degli stessi Convittori del Collegio, la distribuzione dei premi agli allievi del Liceo, al termine del primo anno scolastico di quest’ultimo.

Poche settimane dopo, anche l’Ispettore Generale della Pubblica Istruzione Daniele Francesconi compì una visita il 6 e il 7 agosto 1813, come riferì Fiandrini, “alle rispettive scuole di questo Collegio per esaminare i progressi de’ nostri Giovani Alunni, nei loro varj studj.” Pochi giorni dopo, peraltro, Fiandrini registrò nel suo “diario”, il 12 agosto 1813, le dimissioni di Macconcini dal Collegio e il suo ritorno alla propria città, Verona. Come risultato del mancato risanamento finanziario del Collegio. E, cosa molto più grave, il 17 agosto 1813 anche l’Impero d’Austria dichiarò guerra a Napoleone e quindi pure al Regno d’Italia. Ma intanto la vita del Collegio aveva raggiunto il suo culmine con lo svolgimento, nella Sala delle Accademie, degli esami pubblici finali del Ginnasio Comunale il 16 e il 17 agosto e della Scuola Normale Comunale il 18 agosto 1813. Il 19 agosto 1813, giorno di riposo, Barnaba nominò a nuovo Vice Rettore del Collegio Giovanni Bettelloni. E finalmente, il 20 agosto 1813, ebbe luogo, sempre nella Sala delle Accademie, la solenne cerimonia della distribuzione dei premi consueti, aperta con un discorso di Barbieri [15], che disse tra l’altro: 

Figura 25. La Bandiera Nazionale d'Italia (dal 1802)

 “[…] Così nell’atto di rimirare la bella corona, che Voi mi fate all’intorno; queste, io vo ripetendo meco medesimo, queste sono le tenere pianticelle, che noi dobbiamo per ogni guisa di amorevoli uffizj proteggere ed allevare; sicché portino a loro stagione matura copia di frutti, e n’abbiano premio e conforto la Religione e la Patria. Da questi floridi giovanetti, che noi guidiamo sullo scabro sentiere della verità e della virtù sorgeranno, come al Cielo ne piaccia, ottimi Cittadini, che nell’una e nell’altra milizia faranno lieta di esempj bellissimi la Società. […]”

Fra gli allievi che stavano per essere premiati lo ascoltava con attenzione qualcuno che realizzò poi ai più alti livelli tale ”profezia” di Barbieri, che poi aggiunse:

“[…] qual vi credete che sia per essere la commozione de’ miei affetti nella luce di questo giorno, e nella pompa di questo luogo? Alla presenza di un amplissimo Magistrato [del Podestà di Padova Girolamo da Rio], nella mente del quale non vive altra cura, che dell’onore e del comodo de’ suoi amati Concittadini, proteggitore illuminato, anzi tutore e padre di questa crescente Istituzione? […]”       

A riprova del carattere comunale e quindi pubblico della Scuola Normale e dello stesso Ginnasio di Santa Giustina. Ebbe luogo poi la distribuzione dei consueti premi, consegnati, “in mezzo ad armoniose sinfonie” ossia all’accompagnamento musicale di più strumenti, dal Podestà, Girolamo da Rio, che concluse la cerimonia con una propria esortazione agli allievi. Alla sera, poi, si tenne, “nel privato Teatrino del Collegio”, un “Concerto di clarinetto” del Maestro di Calligrafia e la recita, da parte degli allievi, di una commedia. Il giorno dopo, 21 agosto 1813, tale evento ebbe anche l’onore di un nuovo articolo sul “Giornale del Brenta”. Che pubblicò pure, nel suo numero del 28 agosto 1813, l’elenco completo dei nomi degli allievi premiati, sia della Scuola Normale, sia del Ginnasio. E fu questo l’ultimo articolo pubblicato sul Collegio di Santa Giustina. Il 31 agosto 1813 tutti gli allievi passarono l’intera giornata in una scampagnata alla Mandriola. Ma già il 10 settembre 1813 ripresero, su ordine di Barbieri, le “scuole autunnali”, sia pure a giorni e a orari ridotti. Il 16 settembre 1813 Fiandrini lasciò, purtroppo, Padova per la natìa Bologna per un breve congedo, che sarebbe durato invece per molti mesi. 

Infatti Eugenio, costretto a ritirarsi il 5 ottobre 1813 alla linea dell’Isonzo, che segnava il confine politico del Regno d’Italia, e segnatamente a Gorizia e poi entro l’11 ottobre 1813 a Gradisca d’Isonzo, fu poi indotto dal passaggio del suocero ossia del Re di Baviera al fronte antinapoleonico, dalla battaglia di Lipsia e dall’irruzione delle truppe austriache nell’Alto Adige, ad arretrare l’Armata d’Italia al Tagliamento e poi al Piave e infine all’Adige, giungendo a Verona il 4 novembre 1813. Lasciava dietro di sé le piazzeforti italiane, ben munite, di Osoppo, di Palmanova e soprattutto di Venezia, dove Barnaba aveva fatto a tempo a recarsi prima dell’inizio dell’assedio. Ma tutto il resto era ormai lasciato in mano alle truppe austriache, che entrarono il 5 novembre 1813 a Padova, che divenne la sede di Heinrich Barone von Hiller, comandante in capo dell’Armata d’Italia e ormai Governatore Militare delle Province Venete. A Padova il Liceo era già dal 1° novembre 1813 impegnato negli esami d’ammissione dei nuovi allievi. Al termine di tali esami e con la conseguente formazione di classi stavolta per entrambi gli anni di corso, Dianin poté rispettare pienamente la normativa italiana, ancora in vigore, inaugurando l’anno scolastico il 15 novembre 1813 con una prolusione in latino celebrativa della figura di Sperone Speroni. Poco dopo, il 18 dicembre 1813, la suprema autorità austriaca passò da un militare a un civile, nella persona del Principe Heinrich XV Reuß zu Greiz, quale Governatore Militare e Civile. E proprio costui emise, il 29 dicembre 1813, una Circolare con cui proibì l’uso di “insegne, colori, e livree, che ricordino in qualsivoglia modo le marche del Regno d’Italia”. In una parola fu proclamata la messa fuori legge del Tricolore Italiano e della Stella d’Italia. Con un’altra Circolare del 19 gennaio 1814 poi egli impose come nuovo stemma “l’Aquila Imperiale Austriaca, con le iniziali nel mezzo F.I.” ossia l’Aquila Bicipite. Pertanto il Liceo diventò l’austriaco Imperial Regio Liceo del Dipartimento del Brenta. 

Inoltre si fece capire ai Comuni di limitare le proprie spese future, sin dall’anno 1814, al mantenimento del minor numero possibile di Scuole Elementari. Ciò aprì la strada al processo di privatizzazione, di fatto, anche se non di diritto, della Scuola Normale e del Ginnasio di Santa Giustina. Nel Ginnasio, comunque, le cose sembravano procedere nel modo usuale. Il 20 febbraio 1814 vi fece finalmente ritorno, da Bologna, il Maestro Fiandrini.

14.
Cfr. Oratio II de recta Italicae et Latinae Linguae Institutione, in Opere di Giuseppe Barbieri, cit., pp. 117-134. Fra l’altro Barbieri diceva: “Namque ut primo statim Gallorum adventu, eorumque victricibus armis Italia pene omnis in incredibilem quamdam atque insperatam libertatis felicitatem visa est vindicari; tum repentina patriae charitate flagrantes homines atque exardescentes, non vetera modo instituta et exempla despectui habere, sed nova usquequaque ad sensus animosque percellendos moliri; tum Italicam Linguam laeto clamore salutantes ovantesque, ab antiqua, sicuti ajebant, servitute eximere, in partemque dignitatis et imperii sortem adsciscere, eamque miris amoribus deperire; Latinam contra rude dinandam praedicabant, in Bibliothecas ablegandam, et prope dixerim, igne et aqua interdicendam. Ergo lata lege cautum est, ut sola in litteris, artibus, atque scientiis Italica Lingua dominetur, sola in Gymnasiis, et scholis, in publicis privatisque monumentis, fasces et laurea praeseferat; ex quo dici vix potest quantum incommodi ac detrimenti universae doctrinae invectum sit. Postquam vero constitutis rebus, sedatisque Civium studiis atque cupiditatibus, sapientissima Regis Nostri [di Napoleone] et honestissima voluntate decretum est, Romanam Linguam in pristinum locum revocandam, et quasi postliminio reverti jussam, per amplissimos Litterariae Reipublicae terminos triumphali pompa reducendam; mutatis extemplo consiliis nostros Homines in verba Latinae Linguae jurare passim exaudias, eamdem lippis atque tonsoribus peraeque necessariam; qui ejusdem Grammaticae regulas didicerint, omnia pene scire, liberos, honoratos, divites, uno Jove minores; qui non didicerint, omnia ferme nescire, capite coesos esse; hoc opus, hoc studium, quod parvi properent et ampli, si Patriae volunt, et sibi, et suis vivere chari.” E la Prolusione stessa chiariva poi tutto ciò, illustrando il grande potenziale didattico-educativo insito nello studio dell’Italiano ai fini della migliore comprensione del Latino, ma soprattutto del Latino ai fini dell’ef-fettiva comprensione dell’Italiano e quindi della sua preservazione come lingua veramente nazionale, e perciò non corruttibile con il ricorso a termini stranieri o persino con la loro translitterazione italiana, come nel periodo rivoluzionario (1796-1805) i francesismi e oggi gli anglicismi (ad esempio “decade” ossia “dieci giorni”, spesso usata oggi invece per “dieci anni” ossia “decennio”).  
15 
Cfr. Discorso II per solenne distribuzione di premi, in Opere di Giuseppe Barbieri, cit., pp. 45-58.  
16
 Cfr. Felix Dianin, Oratio de laudibus Speronis Speronii ab Alvarotis, Patavii, Typ. Bettonianis, 1814.