Storia del sito del "Tito Livio"
La Patavium di Tito Livio era un’isola circondata, fin dalla sua fondazione antenorèa o paleoveneta, [1] dal fiume Medoacus Minor o Edronis (da cui Retrone, dal 1250 Bacchiglione), che vi scorreva attorno, separandola dal territorio circostante, per poi defluire sino alla foce nel mare aperto. All’altezza del centro cittadino cioè del Foro il fiume era attraversato da una serie di ponti che danno il nome all’attuale Riviera dei Ponti Romani, come quelli che sorgevano alla Porta Altinate, che dava inizio alla Via Altinate ossia alla strada per Altino, nonché in corrispondenza con l’attuale Via C. Battisti, nonché, nella zona del porto fluviale (dove ora c’è il Bo), in corrispondenza con l’attuale Via San Francesco, dove si trova l’imponente ponte romano (detto poi di San Lorenzo, del 4030 a.C., vedi foto NS, tuttora visibile), oltre il quale ha inizio l’attuale Riviera Tito Livio (già Naviglio di San Giorgio, vedi foto NS), che prende il nome dal Liceo (nella foto, il suo ingresso a sinistra in fondo, tra l’abete e la retrostante casa) , sito sulla sponda opposta alla città.
Il ponte di San Lorenzo (foto scattata durante i lavori di costruzione della nuova ala universitaria, 1938). |
Riviera Tito Livio (foto degli anni '40) |
Qui esisteva, sin dai tempi degli antichi Veneti, un pagus maior (testimoniato da reperti databili tra l’800 e il 350 a.C., rinvenuti negli scavi di costruzione dello stesso Liceo), che contribuì alla vittoria, ricordata proprio da Tito Livio (X, 2,145), che le navi dei Patavini riportarono sul corso inferiore del Medoacus nel 302 a.C. contro le navi degli Spartani di Cleonimo, a proposito della quale così dice Tito Livio: “Rostra navium spoliaque Laconum in aede Iunonis veteri fixa multi supersunt qui viderunt Patavii. Monumentum navalis pugnae eo die quo pugnatum est quotannis sollemne certamen navium in flumine oppidi medio exercetur.” Almeno quando Padova divenne di fatto dominio romano cioè a partire dal 175 a.C. Marco Emilio Lepido p.e. potrebbe aver assunto l’iniziativa di far erigere il citato “vecchio tempio di Giunone”, che, ubicato nell’area del Liceo (secondo l’interpretazione, da parte di Cesira Gasparotto, di reperti archeologici trovati proprio lì), dovette peraltro aver perso i suoi preziosi trofei già prima del 60 a.C., anche se la memoria della loro visione permaneva ancora in molti Padovani al tempo della composizione del X libro di Livio ossia attorno al 20 a.C. Ma tale memoria doveva comunque rinnovarsi nell’iniziativa, nel frattempo avviata, forse già entro il 40 a.C., ossia nello svolgimento annuale di una “naumachia” nel giorno di tale vittoria, e proprio nel tratto di fiume all’altezza del centro della città ossia proprio in corrispondenza della zona portuale, dove l’ampiezza di allora del corso d’acqua è tuttora testimoniata dall’impressionante lunghezza del Ponte di San Lorenzo, e a maggior ragione subito a valle di esso, a sud, ossia praticamente di fronte al Liceo, che ora porta il nome di quel che era allora, nel 40 a.C., solo un ragazzo di nome Tito Livio! [2]
Già entro il VI secolo d.C., comunque, sorsero, nell’attuale Piazza Antenore, le due chiese prospicienti fra loro (ora scomparse) di San Lorenzo (poi divenuta parrocchiale) e di Santo Stefano. Accanto a quest’ultima chiesa in età medioevale il vescovo fondò il Monastero Benedettino Femminile di Santo Stefano, attestato già nel 1034, molto importante e ricco, con possedimenti estesi a Schio, Thiene, Este e Cartura. Nel 1283 fu costruita, annettendola al corpo della chiesa di San Lorenzo (vedi immagine), la Tomba di Antenore. Nel 1487 il vescovo dovette richiamare le monache benedettine di Santo Stefano, abituate ad abiti preziosi, balli, feste e animali di compagnia, all’osservanza del voto di povertà. Il complesso di Santo Stefano fu ricostruito tra il 1550 e il 1654. Anche nel 1740 il vescovo dovette intervenire per far cessare le cerimonie troppo mondane tenute nel Monastero. Infine nel 1806 esso accolse le monache dei monasteri soppressi di San Marco e di San Giorgio, mentre nel 1808 venne soppressa pure la parrocchia di San Lorenzo, trasferita a Santo Stefano, e nel 1810 la relativa chiesa fu venduta ai privati, che la trasformarono in abitazioni e negozi. Nel medesimo anno, 1810, venne soppresso lo stesso Monastero Benedettino Femminile di Santo Stefano e la relativa chiesa, trasferita la parrocchia a San Francesco, fu trasformata tra il 1810 e il 1811 in aula delle udienze del Tribunale di Padova, che trovò nell’exmonastero la sua sede dal 1812 al 1818. Fin dal 1810, dunque, il Chiostro di Santo Stefano, divenuto ormai Statale, cominciò ad assomigliare a quello attuale .
Charles-Louis Clérisseau (1721-1820), "Veduta della tomba di Antenore a Padova", autunno del 1760. Custodito dal 1780 nel Museo dell'Ermitage a San Pietroburgo (Russia). |
Il chiostro di Santo Stefano (oggi del Liceo "Tito Livio") |
[1] Cfr. P. Mozzi e altri, The modeling of archaeological and geomorphic surfaces in a multistratified urban site in Padua, Italy , in “Geoarchaelogy”, 14 September 2017, dove si fa risalire l’abbandono, da parte del Medoacus Maior ossia del Brenta, del suo letto originario all’altezza di Padova e l’inserimento in esso dell’attuale fiume al XIII secolo a.C.
[2] Cfr. in merito il ragguardevole studio di E. Murgia, Culti e romanizzazione, Edizioni Università di Trieste, 2013, in particolare alle pagg. 190211, nell’esemplare capitolo su “Il tempio di Giunone” a Padova.
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Prof. Renato Milan